Tramonti e cani incontinenti..

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    Henry Weimann
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    Ha lo scazzo facile, questa sera. La tizia del piano di sopra gli sta trapassando i timpani da una settimana, oramai. Una squinza isterica sulla cinquantina che passa le giornate a strillare contro il suo pinscher nano incontinente che continua a pisciarle sul divano. O sul letto. E se una situazione del genere avrebbe spappolato i nervi a chiunque immaginate come quegli strilli a duemila decibel abbiano ridotto uno con l’udito da licantropo. Un licantropo che avrebbe pure una consegna di una settantina di pagine entro il weekend. Ecco perché il sopracitato mannaro s’è autoesiliato su una panchina solitaria nella zona figa di Lakeview. Non quella battuta dai turisti ciarlieri, o dai marmocchi esagitati tra le attrazioni di Lake Park. No, lui se ne sta da solo col suo fido portatile sulle ginocchia su una panchina vicino ai campi da golf. Vale a dire che di là ci passa poca gente. E per lui è soltanto una benedizione. Sta là, jeans slavati, un paio di vecchie oxford ai piedi e una camicia rimboccata – male - sull’unico avambraccio. L’altro l’ha lasciato in Afghanistan. Al suo posto una manica penzola vuota alla lieve brezza che precede il tramonto. Gli averi infilati nelle tasche e gli occhi chiari puntati sullo schermo del pc, le dita che corrono veloci sulla tastiera. L’ispirazione arriva così, tutta di botto, dopo un pomeriggio stagnante, una pausa in un bar per ricaricare il suo laptop, prima di svignarsela nuovamente sulla sua amata panchina solitaria. Come un clochard. Ma tant’è, almeno non sente gli strilli della vicina.

    Peccato non abbia calcolato che a quell’ora anche i ricconi del Golf Club se ne tornano nelle loro sfarzose dimore. E talvolta lo fanno pure a piedi, con i loro pretenziosi quadrupedi stronzi. È così che succede il fattaccio. Uno sgorbio di Pomerania – come li chiama l’ex Maggiore dell’esercito – al guinzaglio – sbrilluccicoso di cristalli di swarovski - di una tipa alta, ingioiellata con tacco dodici, che gli passa accanto, solleva la sua regale zampetta. E gli regala una sontuosa pisciata sul pantalone. “Ma che .. –“ Il “cazzo” lo trattiene a stento, mentre si scosta il pc dalle ginocchia, per alzarsi all’improvviso, scostando – ormai tardivamente – la gamba destra, già inzuppata. La padrona dello sgorbio, nemmeno a dirlo, strabuzza soltanto gli occhietti cerchiati di un pesante ombretto azzurro sbrilluccicoso, e tira via la bestiola di prepotenza, senza nemmeno una parola di scuse, praticamente trascinandola in malo modo. "Mi scusi tanto, eh. " Le ringhia dietro il licantropo, scrollando la gamba ormai spisciacchiata male. E socchiude gli occhi, cercando di placare la bestia che gli ruggisce dentro. Un respiro alla volta, per ricacciarla a fondo. Sempre più a fondo. E soffocare la voglia di acchiappare quella palla di pelo e lanciarla nel lago. Con tutta la padrona ingioiellata. Uno, due.. “Fottuti microcani..” Ah, le gioie della vita…



    Edited by --Henry-- - 6/5/2021, 00:38
     
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    Amanda Morelle

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    Austin non le rispondeva più. Gli aveva mostrato un mostro, avevano parlato, l'aveva riaccompagnata a casa e lei era stata certa, assolutamente certa, che tutto andasse bene. Invece no, evidentemente, perché da quel momento era scomparso nel nulla. Si era accorta di non sapere niente di lui, non aveva il suo indirizzo e non sapeva dove cercarlo quindi semplicemente lui era sparito e lei... lei non dormiva da un po'. Di nuovo.
    Passò una mano sul bracciale che le fasciava il polso come la più evidente delle promesse e sperò che il suo stato d'animo non influenzasse il Prof, che non si sentisse costretto a piombare da lei credendola sul punto di tentare il suicidio per l'ennesima volta. Non era a quel punto, non ancora, anche se la strada poteva essere breve.
    Lei amava i suoi mostri, aveva fatto vedere ad Austin proprio Tartina perché era quello -dopo Cocco- con cui aveva stretto un legame più solido e lui non le aveva detto neanche una parola, era sparito e basta. Puff. Poteva dirle che gli faceva schifo, poteva ribadire per la seconda volta che non la voleva nemmeno come amica, poteva... invece no. Il suo telefono risultava spento e basta. Chiuso così.
    La rossa si passò una mano fra i capelli. Si era truccata per mascherare le occhiaie, ma aveva sbagliato giubbotto ed era uscita indossando quello di suo fratello Zack che ovviamente era troppo grande per lei. Aveva, però, il profumo rassicurante del dopobarba che lui era solito usare ed era confortevolmente caldo e abbondante, quindi non poteva dire di dispiacersi per l'errore.
    Il motivo per cui era a Lakeview, invece, poteva dirsi un po' un tentato suicidio. Voleva recarsi al porto e vedere se di giorno poteva notare qualcosa di strano. Le creature che aveva visto la perseguitavano e non pensava davvero di gettarsi in acqua o cose del genere, era soltanto curiosa di capire se di giorno le avrebbero fatto lo stesso effetto.

    Passava vicino ai campi da golf quando lo vide. Fu attirata dalla sua aura perché non ne aveva ancora mai sentita una simile: lo struggimento di un animale in gabbia che era tanto simile a quello che lei sentiva già di suo in quel momento calamitò il suo sguardo verso l'uomo biondo che digitava freneticamente al computer con una sola mano. Cocco squittì forte e Amanda istintivamente si spostò scansando per un pelo la donna col cane che le avrebbe dato una spallata in piena regola se si fosse trovata ancora sulla sua traiettoria. In compenso quella proseguì e il suo compagno fece pipì sulla gamba del biondo.
    Incredula, Amanda vide tutta la scena senza poter far niente per impedire che accadesse, compresa la parte in cui la tipa se ne andò senza neanche scusarsi.
    Incapace di trattenersi si affrettò dal biondo frugandosi nelle tasche come in cerca di qualcosa. Estrasse un pacchetto di fazzoletti che probabilmente sarebbe stato completamente inutile in quella situazione, ma si avvicinò comunque.
    "Che disastro. Le è entrata nella scarpa?" Domandò riferendosi ovviamente alla pipì del cane. Non si era nemmeno accorta che lui aveva un solo braccio, ma anche nel momento in cui i suoi occhi si posarono sulla manica vuota non ebbe nessun tipo di reazione, nessun sussulto, orrore o pena. Amanda viveva secondo il principio "non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te", perciò compatire gli altri non era assolutamente nel suo stile.
    "Scusi, non volevo impicciarmi negli affari suoi. Ecco, volevo darle questi." Si affrettò ad allungargli il pacchetto di fazzoletti, arrossendo per l'imbarazzo di essere stata invadente. Poi un sorriso le affiorò sulle labbra, spontaneo e divertito. Probabilmente lui non avrebbe potuto sapere che miracolo fosse quello avendola beccata nel pieno di una crisi depressiva. "Mi scusi, non rido di lei, è che..." scosse il capo, divertita, cercando di trattenersi; "ne aveva proprio tanta per essere un cane così piccolo."


    Edited by Elenis9 - 6/5/2021, 23:25
     
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    Non la scorge la ragazza che s'avviccina, lei con tutto il suo tumulto interiore. Non da lontano, sicuramente. Ne ode i passi, certo, ne annusa l'odore, probabilmente, da lontano. Come un rumore di sottofondo. Come il ticchettare dei passi della squinza ingioiellata col suo sgorbietto troppo peloso al guinzaglio. È sovrappensiero. Ed è ispirato. È per questo che quando sul naso fine del licantropo arriva la zaffata di urina ormai è troppo tardi. S'alza di scatto dopo aver appoggiato il Mac sulla panchina. Per ringhiare addosso alla padrona stronza che fila via senza una parola, quando si trova davanti la ragazzina. È gentile lei. E lui alla gentilezza non è abituato. E nemmeno a quella sensazione di vertigine che lo coglie alla bocca dello stomaco. Indietreggia appena, sorpreso. Mentre la studia. L'ha già avvertita quella sensazione, in giro per la città, anche se non ha ancora saputo darle un nome. Ma l'altra sta parlando, e lui registra solo dopo che si sta riferendo allo spruzzo. "Che.?" borbotta appena, le sopracciglia aggrottate. E muove le dita dei piedi. Il calzino è bello umido. E pure bello caldo. È entrata decisamente nella scarpa. "Direi proprio di sì" Fottuto microcane. Ma a questo giro ha la decenza di non imprecare davanti ad una donna. E per quanto lui resti guardingo, lo sorprende l'attitudine di lei. La sua premura, il suo scusarsi. E lo coglie il pensiero che sia pietismo, il suo. Non la conosce, non sa quali pensieri le sfiorino la capoccetta rossa, dopotutto. Ma non può farci niente, non quando quella che riceve è gentilezza. Però lo vede il pacchetto di fazzoletti che gli viene offerto. A giudicare dal danno non servirà a molto. Non con il jeans ormai bello impregnato. Scuote appena il capo. E ammorbidisce il tono. "Grazie, ma l'unica cosa che mi servirebbe è una doccia. E una lavatrice." E magari qualcuno che lo convinca che acchiappare quel maledetto sorcio e farlo volare dentro al lago sarebbe un reato. Perché ci sta ancora pensando. Eccome se ci sta pensando. E se pure l'idea del pietismo l'ha sfiorato, adesso beh, quell'idea se ne va a ramengo. Quando lei gli ride in faccia. Ma prima che possa mandarla al diavolo è lei stessa a chiarire la faccenda. E lui non riesce in tutta onestà a darle torto. "Maledetto scherzo della natura. " bofonchia, lo sguardo che corre alla figura sempre più piccola della tizia che s'allontana incespicando in tutta fretta sui tacchi alti. Curioso che a dirlo sia un altro scherzo della natura come lui. "Continuo a non capire che senso abbia portarsi dietro una cosa del genere. Non servono alla difesa personale, non servono a niente." Ecco che comincia l'invettiva contro i microcani. "solo a spaccare i timpani e a .. beh" gesticola con la larga mano sullo scempio che ha addosso. E si rende conto di quanto poco debba fregargliene a quella ragazza con un giaccone troppo grande delle sue antipatie verso gli sgorbi di Pomerania. Si ferma, e la guarda, senza ostilità. Forse per la prima volta con gentilezza. "Non darmi del lei, non sono così vecchio " Anche se forse un vecchio brontolone lo sta diventando eccome. E si rende conto di quanto sia giovane la ragazzina che ha davanti. Deve avere appen vent'anni. "Ma immagino di averti rubato fin troppo tempo." Aggiunge passandosi l'unica mano sulla nuca, sui capelli castani.
     
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    Amanda Morelle

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    Quando lui confermò che la pipì gli era entrata nella scarpa, Mandy non riuscì a trattenere una smorfia costernata e disgustata insieme. Diciamocelo, fa proprio schifo l'idea di sguazzare nella piscia e non importa che sia quella di un cane o di qualsiasi altro essere.
    Aveva pensato di proporgli un passaggio veloce attraverso un portale per permettergli di liberarsi al più presto degli indumenti sporchi ma recentemente era stata piuttosto sfortunata con le relazioni interpersonali e non era certa di poter sopportare di prendere altre porte in faccia.
    Grazie al recente interesse per le altre creature sovrannaturali sapeva dalla sua aura che lui era un licantropo, il che non le diceva un bel niente, in realtà, anche se già sapere quello le sembrava parecchio. Aveva ancora la sensazione che conoscere altre creature non umane la rendesse parte di qualcosa, di un mondo in cui non sarebbe stata considerata strana, pazza o spaventosa ma Austin aveva decisamente demolito gran parte di quell'utopia che si era immaginata. Sì, lui era sparito, però in realtà aveva trovato tante persone che non l'avevano fatto. Elsa, Shona, Viktor. Judas, che non aveva visto solo i mostri che poteva evocare ma anche quelli che teneva dentro.
    "Credo che pensino che un cane piccolo sia carino, che non abbia bisogno di fare le cose che fanno quelli grandi. Non è neanche colpa dei cani, alla fine, se i padroni li crescessero decentemente forse non sarebbero così fuori di testa." Commentò oziosamente. Lei non aveva più avuto cani dopo biscotto e aveva già abbastanza bestie intorno da non sentirne il bisogno, soprattutto visto che ora aveva uno scoiattolo puzzolente e quasi tutto morto che non la lasciava un attimo.
    "Abitudine." Quella di dare del lei. "Al massimo sono io che ho rubato tempo a te, sembravi molto concentrato prima che il volpino ti facesse quello scherzetto."
    Tergiversò un secondo, indecisa, muovendosi da un piede all'altro come un bambino che non sa come fare a chiedere qualcosa al genitore. "Senti, magari ti sembro una tipa strana e invadente, perciò sappi che non mi offendo se dici di no, ma se volessi tornare a casa velocemente potrei aiutarti. Sono una saltatrice, i viaggi veloci sono la mia specialità. A parte i mostri." Fece una breve pausa, poi: "sono un'idiota, ti ho detto tutte queste cose e non so nemmeno quanto sai tu di tutta questa cosa sovrannaturale, magari pensi che sono pazza. Il che non sarebbe una novità a dire il vero, ma non è questo il punto. QUando sono nervosa parlo troppo, mi dispiace." E via via che il nervosismo aumentava aveva cominciato a parlare davvero di più e anche più in fretta finché, rossa come un pomodoro, non era sembrata quasi avere le lacrime agli occhi per l'imbarazzo. Quello era stato il momento esatto in cui uno scoiattolo schifosamente magro, puzzolente e con chiazze di pelo malaticcio le era piombato addosso aggrappandosi al giubbottino e scrutando Henry come se volesse inquisire su ciò che le aveva fatto per mandarla in crisi. "Non mi sono neanche presentata. Mi chiamo Amanda, lui è Cocco. Non fa i suoi bisogni sulla gente e non è ridotto male come sembra."
     
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    Quello che dice la ragazzina ha senso. Un cane piccolo è comodo in un appartamento striminzito. È facile da portare in auto. Cavolo, alcuni si mettono anche in borsa. La osserva il Licantropo con la testa piegata. "Hai ragione, ma vuoi saperla una cosa? Molte di quelle bestie sono geneticamente deficienti." Non ci va leggero, nemmeno per sogno. Ecco uno dei motivi per cui da mannaro, per lui, lavorare in politica a Washington sarebbe stato folle.
    "sono così affetti da tare genetiche e continui incroci per farli sempre più piccoli che sono affetti da nanismo. Con la scatola cranica delle dimensioni di un mandarino. Perciò sì, sono anche stupidi oltre che non educati. Ma anche questo è colpa dei padroni."
    O di chi li alleva. Insomma, della razza umana. Una razza assurda, che probabilmente ha smesso di comprendere prima ancora che un licantropo lo azzannasse in una notte di luna piena. Ma insomma, si rende conto che quella filippica potrebbe non interessare una ragazza accorsa per offrirgli un pacco di fazzoletti. La stessa che pare scusarsi della sua presenza. Scrolla le spalle larghe, e il capo. "Sei stata gentile." Commenta. Non abbassa la guardia, non ancora. Non sa chi o che cosa l'altra sia. Quel che è certo è che ha qualcosa. E la gentilezza è merce rara a questo mondo. Sì forse sta attraversando una fase pessimistica pure lui. Tra il snague mannaro che gli corre nelle vene e quello che si porta dietro dall'Afghanistan. O forse è soltanto il malumore per la pisciata sul jeans. Vai a capirlo. Pisciata che ovviamente gli ha scombinato i piani. Sembrava occupato. "Stavo lavorando, ma direi che a questo punto è ora di rientrare." A dare fuoco ai vestiti. E sta per voltarsi, per ricacciare il laptop nella vecchia tracolla di pelle quando sente le parole della ragazza. E quando lei esordisce scusandosi in anticipo per la sua invadenza, sta pensando che forse sta per chiedergli che cazzo gli è successo, o una cosa così. Non si immagina nemmeno lontanamente quello che lei sta per dirgli. Una saltrice. "Nel senso che sei un'atleta agonista?" la perplessità è evidente sul volto barbuto. Non ha senso, quello che gli ha appena detto. E scoppia a ridere, da perfetto stronzo. Perché per quanto lei si porti addosso quella vertigine, beh, il mannaro non s'immagina certo che possa esistere una razza con quel nome assurdo. "Cioè vorresti prendermi in spalla e zompettare fino a casa mia?" continua ridendo. "Apprezzo l'offerta, ragazzina, ma temo di essere troppo pesante per te." Capitelo, è ignorante sulla faccenda. E quanto ad acume sulle faccende paranormali non brilla di certo. Ma poi lei gli mitraglia addosso quelle scuse e alla parola "sovrannaturale" anche al lupo ottuso si accende la lampadina. D'altronde da qualche parte nel discorso gli pareva di aver afferrato la parola "mostri". Strizza gli occhi, prima di socchiuderli. Due fessure azzurre sotto le sopracciglia aggrottate. Lei non sembra ostile, sembra soltanto qualcuno disperatamente solo. Disperatamente nervosa. E terrorizzata dal rifiuto. Questo lo percepisce chiaramente. Ed è per questo che solleva l'unica mano, larga e callosa. Per chetarla. "Ascolta, non penso tu sia pazza." Ne ha incontrati di pazzi in questa città, e di certo la rossa non è in cima alla classifica. "Sto solo cercando di capirci qualcosa.." Ha bisogno di più informazioni, poco ma sicuro. E a giudicare dalla loquacità di lei, forse è nel posto giusto. Anche se non si sarebbe mai sognato di sperare che una pisciata di cane potesse rivelarsi così culosa. "So che le storie su licantropi, mezzosangue e vampiri non sono solo materiale per filmetti di bassa lega." Commenta piano, a bassa voce. E la prende alla larga. Non vuota il sacco, non ancora. Non la conosce. Ma forse lei percepirà quella sensazione di bestia in gabbia che l'ex maggiore si porta dietro. "Ma non ho mai sentito parlare di saltatori." Potrebbe essere una cazzata? Possibile. Un anno fa l'avrebbe sicuramente pensato. Ma dopo il suo primo plenilunio a tre zampe ha cambiato decisamente idea. E fa un passo indietro improvviso quando lo sgorbio spelacchiato piomba addosso alla ragazza. "Cazzo." Sbotta, il raccapriccio evidente sul volto barbuto. Lui che quel puzzo lo sente moltiplicato. "Resta ferma." dice facendo un passo avanti. La mancina che fa per protendersi verso il roditore. E sta per acciuffare il roditore pestilenziale per levarglielo di dosso, quando sente le parole di lei. E lo sguardo chiaro che rimbalza dalla ragazza e quell'affare spelacchiato. Non è ridotto male come sembra. "Sicura, Amanda, che non abbia il tifo, la malattia di Lyme o qualche altra roba infettiva?" È perplesso? Altroché. e anche piuttosto disgustato
     
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    "Se pensi che i bulldog francesi spesso non riescono a riprodursi da soli e devono inseminarli artificialmente il tutto sembra ancora più assurdo. Perché portare avanti una razza che ha malattie genetiche assurde e più con più sarebbe già estinta se lasciata a se stessa? Neanche per i panda si impegnano così tanto." Non che lei avesse qualcosa contro i cani di piccola taglia, anzi, alcuni le piacevano molto e in generale lei amava quasi tutti i tipi di animale domestico e non, però davvero non riusciva a comprendere perché certe cose fossero portate avanti tanto caparbiamente quando erano più una sofferenza che altro per le povere bestie.
    Per il resto a lei non potevano certo dispiacere gli sgorbi e i derelitti: amava persino i mostri che abitavano oltre le crepe e loro sì che probabilmente avrebbero incontrato il disappunto di gran parte della gente.
    Compreso Austin evidentemente.
    Un po' era arrabbiata con lui, in realtà. Prima le aveva detto che non voleva che fossero amici, poi l'aveva illusa cambiando idea e poi era tornato, evidentemente, sui suoi passi. Altro che demone i problemi mentali lì erano quelli di lui. Aveva anche pensato che potesse essergli successo qualcosa, ma era più probabile che la stesse evitando: non era mica la prima volta.

    "Portarti a casa saltando? Ti sembro forse atletica?" Era magra, sì, e slanciata. Però non aveva i muscoli tipici delle atlete agoniste e lei non si vedeva affatto come una di loro. Alzò appena un sopracciglio alla parola ragazzina, come se volesse sfidarlo a ripetere, ma non disse nulla e lui comprese che parlava di sovrannaturale. "Non mi sorprende che tu non l'abbia mai sentito, fa schifo esserlo." Un saltatore, ovviamente. "Nessuno si vanterebbe mai, sai com'è." Scrollò le spalle e sorrise come se fosse una specie di battuta, ma se c'era una cosa su cui era mortalmente seria era quella. Dubitava che molti di loro arrivassero vivi all'età adulta e dubitava che quelli che lo facevano riuscissero a rimanere abbastanza sani di mente da voler dire a qualcuno della loro condizione.
    Quando poi Cocco fece la sua apparizione e il licantropo allungò una mano verso di lui lo scoiattolo gli squittì contro e lei si affrettò a difendere l'animale. "No, no, sta bene. Sembra malato perché tecnicamente sarebbe un cadavere posseduto. Diciamo che è una storia davvero molto strana." Ed era molto strana davvero, però Cocco sembrava orgoglioso della descrizione e aveva proprio lo sguardo altezzoso di chi ha appena ricevuto dei complimenti e pensa che gli siano dovuti. Amanda a volte poteva vedere le sue reali sembianze e anche il suo vero muso riusciva ad assumere quella stessa espressione alla perfezione nonostante avesse grossi occhi oblunghi da rettile.
    "Comunque, no, non ci chiamiamo saltatori perché somigliamo a dei canguri, ma perché possiamo spostarci da un posto all'altro "saltando" tramite portali, era questo che ti stavo offrendo. Così puoi tornare al tuo lavoro di... scrittore? Giornalista?" Inclinò appena di lato la testa, guardandolo per un attimo e fissando nella mente la sua aura, quell'adrenalina che la spingeva a sentirsi sempre fin troppo immobile e calma e che avrebbe voluto che agisse anche solo per saltellare davvero in giro. "Anche per me è la prima volta che incontro uno della tua razza." Confessò alla fine. Aveva cercato qualche indizio su come sarebbe stato il colore del suo pelo una volta trasformato ma da umano sembrava solo un uomo perfettamente normale a parte per l'aura irrequieta che emanava.
     
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    “Davvero?” Questa non la sapeva manco lui. Solleva le sopracciglia, il volto barbuto a metà tra il sorpreso e lo schifato. “Bestie inutili..” Ci fosse stata la selezione naturale si sarebbero estinte da un pezzo, poco ma sicuro. Sfortunatamente il mannaro non ha il buon cuore della rossa. Nessuna vocazione francescana per il Lupo Grigio, solo discreta insofferenza verso le bestie rompicazzo. Ed è triste constatarlo, di rado il grado di rottura di maroni è inversamente proporzionale alla taglia di cane. Con rare, sparute eccezioni. Un po’ come la sua stessa esistenza. Grande e grosso, e pure discretamente rompiballe. Ma appunto, lui è l’eccezione che conferma la regola. Se non altro, però, lui abbaia solo se provocato. O se di malumore. Con la rossa, però, pare mansueto. Difficile digrignare i denti senza essere provocato. E Amanda pare troppo dolce, troppo triste perché possa farle brutto gratuitamente. Anche se è evidente il clamoroso misunderstanding. Quando lei replica incredula le sue parole. Lui si gratta la nuca, consapevole del grosso granchio appena preso. Ma hey, resta un Lupo fin troppo fresco. E fin troppo avulso dalla realtà magica. E si gratta la barba castana, che vira sul rossiccio alla luce calda del giorno che va spegnendosi.. l’espressione che si acciglia poco dopo. Fa schifo essere saltatore? “Perché? Anche voi ululate alla luna? O vi rosolate alla luce del sole?” [/color] Lui non ne sa assolutissimamente niente. Come non sa assolutamente niente della bestia fetida che se ne sta aggrappata al suo giubbotto e che gli squittisce pure contro. E il Lupo guarda prima il coso e poi lei. Schioccando appena la lingua. “Ecco cos’era la puzza. È uno zombie..” Decomposizione. Pensava avesse mangiato qualche cosa putrescente, non che la cosa putrescente fosse effettivamente lui. “E..” come dirlo senza sembrare particolarmente stronzo? “Se morde non zombifica le persone, vero?” diciamo che non la tocca pianissimo, no. E nemmeno si rende conto di aver appena detto una stronzata. Ma già che c’è vuole capirci qualcosa. Specie perché il sacco di pulci – e forse pure di vermi – sembra troppo intelligente. È una specie di spirito, o almeno lui ha capito questo. “Capisce quello che diciamo?” Giusto per capire pure se quello sa che l’ha appena insultato. Ma l’attenzione del Lupo torna a spostarsi su di lei. Lei che gli dice qualcosa di assurdo, almeno fino ad una manciata di mesi fa. “aspetta, parli di teletrasporto?” Capiscilo, Mandy, ci sta provando. E l’idea di un viaggio ultradimensionale, beh, lo spinge a scuotere il capo, l’unica mano che si solleva. “Ti ringrazio.” Lo dice con gentilezza. Ma ha la stessa espressione di un cane che capisce di star per essere trascinato dal veterinario. “Ma è piscio di volpino, non acido muriatico. Penso di riuscire ad arrivare vivo fino a casa.” Commenta, abbozzando un sorriso. Insomma, lo avessi trovato agonizzante in una pozza di sangue, la proposta l’avrebbe accettata più volentieri, probabilmente. Ma questa è la prima volta che comincia a capire chi tu sia, Mandy. E non è sicuro di cos’altro ci sia di spaventoso nella tua esistenza. Quel che è certo è che lei è perspicace. O forse la faccia da scrittore ce l’ha scritta in faccia. “Sono un saggista.” Commenta abbozzando un sorriso. [color=LightSteelBlue] “E scrivo per altri.” Vale a dire che il più delle volte quello che scrive non viene pubblicato a suo nome. Ma finché lo pagano bene gli va benone così. Specie quando può evitarsi di dover trascinarsi in un ufficio. In mezzo al casino. E quello che è, quello che nasconde sotto le sembianze da umano, deve averlo intuito anche lei. “Beh, sei stata fortunata. Non tutti quelli della mia specie hanno un buon carattere.” Commenta piano. Senza traccia d’ironia. “E nemmeno io, se devo essere onesto, sono uno facile da digerire.” Nevvero, Lex? Non a caso s’è isolato per mesi, prima di osare tornare alla società.
     
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    Lasciando cadere il resto del discorso sui cani, Amanda si concentrò sul discorso successivo, quello sulla sua razza.
    Sorrise quando le chiese se anche lei ululasse alla luna e guardò il sole che la illuminava con un'occhiata eloquente. "Sono a posto col sole e non ho nessuna attrazione per la luna, no. Io vedo degli scorci su altri mondi, di solito popolati dai mostri. Nessun altro li vede o li sente, è come avere costantemente allucinazioni." Per farla breve. In realtà da quando aveva scoperto il sovrannaturale e che esistevano persone che potevano capirla e non pensare che fosse completamente pazza aveva cominciato ad accettare e apprezzare i suoi mostri in un modo completamente diverso. Incredibile come la sola esistenza di qualcuno con cui poter parlare di una cosa potesse cambiare completamente la concezione che si aveva di essa. Peccato che nonostante avesse accettato le creature da incubo non fosse altrettanto facile accettare le altre cose da incubo che continuavano a perseguitarla sempre. Avrebbe dovuto davvero accettare che il Prof la mettesse a nanna con quel suo trucchetto, ma non voleva pesargli addosso più di quanto non facevano già sia lei che il resto del mondo.

    "Uno zombie. Sì, qualcosa del genere." Amanda rise e Cocco le allungò una zampatina indignata, offeso non tanto dal commento quanto più dal fatto che lei l'avesse confermato. Parve poi sinceramente oltraggiato quando Henry provò ad insinuare che potesse passare la "malattia" ad altri attraverso il morso. "No, certo che no. Oltre al fatto che ad occhio e croce un cadavere umano sia troppo grande per loro, dovresti prima essere morto. Comunque lui non morde. Non spesso." Assicurò sorridendo senza sembrare davvero rassicurante. Cocco mordeva eccome, ma solitamente era un trattamento riservato a suo fratello Chris che aveva l'abitudine di passarle un braccio attorno alle spalle senza pensare che poteva rischiare di schiacciarlo. "Capisce, sì, è molto intelligente. Diciamo come un bambino sui cinque anni." E più restava nel suo mondo più pareva comprenderlo e reagire alle cose nel modo giusto. La cosa degli zombie, ad esempio, non gli avrebbe fatto nessun effetto se non avessero visto un film a riguardo qualche tempo prima.

    "Come preferisci" rispose al rifiuto di essere accompagnato senza scomporsi per niente. Non gli aveva mica pisciato addosso lei per sentirsi in dovere di aiutarlo per forza se non voleva, poi poteva capire che potesse essere a disagio all'idea di passare da un portale se come sembrava non aveva un granché di dimestichezza con la sua razza. Che strano pensare "la sua razza" dopo essersi considerata umana per tutta la via. D'altronde, però, le sembrava persino giusto sapere di non esserlo, come se non avesse aspettato che quella rivelazione per tutta la vita.
    "Un saggista! Mi piace, avrei puntato di più sul giornalista sentendo il parere accorato contro i cani piccoli. Io invece sono quasi una psicologa." Si tenne per sé che attualmente per arrotondare faceva la cartomante, anche perché ben presto avrebbe smesso per cercarsi un lavoro vero.
    Al commento sulla sua razza e il suo stesso carattere gli sorrise. "Sai, io non credo che sia una questione di razza." Bastava guardare quanto erano diverse lei ed Elsa o Viktor ed Austin alla fin fine. "Ognuno ha il suo carattere e i suoi modi, non c'è niente di male. Tu non hai certo il carattere peggiore che abbia mai incontrato, fidati di una che ne ha viste di persone difficili da digerire." E non importava se magari si era trattenuto solo perché era una ragazzina.
    Il cellulare di Amanda prese a squillare e lei lo tirò fuori, speranzosa, ma non era chi aveva sperato che fosse. "Devo andare." Annunciò, riattaccando in faccia a suo fratello. L'avrebbe richiamato dopo. "Piacere di averti conosciuto, allora."
     
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    Sta in piedi. A cercare di capirci qualcosa. E quello che l’altra gli dice, essenzialmente, gli fa ammorbidire appena i tratti duri, le sopracciglia che tuttavia restano aggrottate. “Stavo per dirti di considerarti fortunata.” Di non rosolare al sole o ululare alla luna. “Ma immagino che non sia uno spasso.” No, potendo scegliere, probabilmente, preferirebbe scorrazzarsene per i boschi che avere continuamente visioni di mostri e orrori. “Mi è bastato vedere gente col ptsd.” Per capire cosa facciano certi traumi sulla mente umana. E di certo non ha la benché minima idea della portata degli orrori che l’altra deve aver visto. Nemmeno se lo immagina cosa l’altra deve sentire, ogni stramaledetto giorno. Di certo, però, alla reazione dello scoiattolo, il Lupo, fa un passo indietro. Perché quel coso, capisce eccome. E se s’è sentito offeso dalle parole di lei, di certo può immaginare – e comprendere – che potrebbe volergli affondare le zanne nelle carni, dopo quello che il mannaro gli ha appena detto. Ma Cocco pare prendersela solo con la sua umana, o saltatrice che sia. È visibilmente curioso, pure se circospetto. Continua ad alternare lo sguardo tra l’affare spelacchiato e la rossa. E forse comincia a trovare qualche somiglianza con un’altra creatura che ha incrociato di recente. Un’umana che gli ha lasciato la stessa sensazione. Accompagnata da un quadrupede altrettanto malconcio. E piega le labbra, al dire dell’altra. Un giornalista? “ Chi lo sa, mai dire mai nella vita.” La verità è che forse pesterebbe i piedi a troppa gente, se lo mettessero nella cronaca. Ma di certo lui si divertirebbe un mucchio. E la guarda, gli occhi chiari che si poggiano sulla figura sottile di lei. “Hai coraggio, ragazza, a voler affrontare anche i mostri altrui.” Dopo quelli che vedi ogni santo giorno. Di certo c’è rispetto, nelle parole del Lupo, anche se ha appena rifiutato un passaggio. “E sei gentile.” Commenta piano, alle parole dell’altra. Non pensa di meritarselo, in tutta onestà, anche perché l’altra di certo non l’ha visto nei suoi momenti peggiori. Ma di certo, malgrado l’inferno che deve affrontare nei momenti di veglia. “Non so come tu ci riesca.” E chissà, avrà anche lei i suoi segreti, la sua vita. Vita che sembra reclamarla. Piega il capo, come una sorta di inchino, per salutarla. “Piacere mio, Amanda.” Dice guardandola negli occhi. Prima di spostare lo sguardo azzurro sullo scoiattolo. “E Cocco.” Apprezziamo che non l’abbia chiamato Coso Fetido. “Io sono Henry.” Dirà prima di rinsaccare il proprio portatile e dirigersi verso casa. E verso una benedetta doccia calda.
     
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